Dare forma. Giving form. Donner forme (revue Polythesis. Filologia, interpretazione e teoria della letteratura)
Dare forma. Giving form. Donner forme
Polythesis. Filologia, interpretazione e teoria della letteratura
Numero tematico curato da / Thematic issue edited by / Numéro thématique dirigé par
Alicia Hostein (Université de Genève) – Teodoro Patera (Universität Göttingen)
(English follows – Le français suit)
In Vie des formes, lo storico dell’arte Henri Focillon scrive che «la coscienza umana tende sempre a un linguaggio e persino a uno stile. Prendere coscienza è prendere forma». La mente è per Focillon impegnata in una costante operazione di descrizione di sé stessa, «è un disegno che si fa e si disfa, e la sua attività è, in questo senso, un’attività artistica». La psiche fornisce i materiali che la mente, come un artista, rielabora incessantemente per dare loro forma.
L’esistenza è un affare di forme: forme che si creano, che si assemblano, che si scontrano, si sfaldano, altre che sorgono. Ma che cosa vuole dire dare forma a un oggetto, alla vita, a sé stessi? Quanto l’ilemorfismo aristotelico, con la sua stretta connessione – non esente da gerarchizzazione – di forma e materia, influisce ancora sul nostro modo di concepire le forme artistiche, le forme della vita, le forme del sé? In Making: Anthropology, Archaeology, Art and Architecture, l’antropologo Tim Ingold ha provato a decostruire il primato della forma che sarebbe insito nell’ilemorfismo. Non si tratterà più di pensare il fare come il risultato di un principio strutturante che si applica a una materia inerte, ma di concepire la creazione come un più stretto rapporto collaborativo, non gerarchico, tra l’artefice e i materiali.
La prospettiva interdisciplinare si rivela essenziale per provare a mettere in discussione l’assunto secondo cui il senso può emergere soltanto a partire dalla forma che si conferisce a una data materia. Con questa sessione tematica di Polythesis, vorremmo far interagire, a partire dalla letteratura e in dialogo con le altre scienze umane, molteplici discorsi sulle possibili riconfigurazioni della coppia forma-materia. Si segnalano, in un elenco non vincolante, alcune prospettive di indagine.
Eredità dell’ilemorfismo
L’ilemorfismo aristotelico e i numerosi dibattiti che ne hanno agitato la posterità pensano le nozioni di forma e materia dalla prospettiva della loro inseparabilità. Stabiliscono allo stesso tempo un ordine gerarchico, convocando altre coppie concettuali dicotomiche: perfezione e caduta, immanenza e trascendenza, reale e spirituale. Le questioni ontologiche e metodologiche che sorgono intorno alla teoria dell’ilemorfismo richiedono una rivisitazione. Sarà proficuo vedere come tali problemi intersechino questioni di teoria letteraria.
Incarnazione e letteratura
Si tratterà di indagare come la letteratura abbia esplorato la dinamica secondo cui una forma si incarna in un corpo/oggetto. La letteratura è un luogo privilegiato di riflessione sul difficile accordo della realtà e del suo modellamento. In particolare, riguardo alla questione erotica, la storia letteraria offre innumerevoli esempi di una negoziazione costantemente rinnovata tra il sentimento amoroso, la sua esperienza e la sua forma linguistica. Dall’erotismo cortese alla poesia moderna, la letteratura esplora, attraverso l’amore, il proprio potere di incarnazione. Se ne trova una traccia nella formula paradigmatica di Baudelaire, in un verso che Eric Auerbach considerava «superbo e molto sorprendente»: «La sua carne tutta spirito ha il profumo degli Angeli» («Stasera che dirai, povera anima solitaria?»). Il parallelismo che struttura i due emistichi mantiene l’associazione ossimorica del corporeo – la carne e il suo profumo – e lo spirituale rappresentato dagli angeli, per natura privi di corpo. Producendo un passaggio dall’idea alla sua incarnazione, il componimento si propone di far consonare il sentimento amoroso, essenza inesprimibile, con il corpo dell’amata.
La dialettica di universo spirituale e incarnazione nella materia, trascendenza e immanenza, attraversa notoriamente la letteratura del Graal, vera officina di una poetica dell’incarnazione, che potrà essere analizzata sia attraverso micro-letture di singoli testi che in una prospettiva comparatista e trans-storica. Da un punto di vista più prettamente teorico, la nozione di incarnazione potrà costituire l’asse intorno a cui tessere un dialogo tra fenomenologia e letteratura (o tra fenomenologia e critica letteraria).
Tradizione come mise-en-forme
L’intero campo delle scienze umane e sociali è chiamato a esprimersi sulle questioni poste dalla coppia concettuale forma-materia, in quanto ne appare ossessionato. Si tratta, da un lato, di ripercorrerne la storia e la posterità, dall’altro, di chiedersi fino a che punto la tradizione stessa, accettata o contestata, possa essere ricondotta a una questione di formalizzazione – di messa in forma – dei saperi, al pensiero di una loro strutturazione, da cui l’interpretazione non può che essere influenzata. Il problema delle relazioni formali che uniscono e separano è infatti al centro delle preoccupazioni accademiche nelle scienze umane. È dunque dal punto di vista della costituzione della conoscenza che la critica deve considerare il modo in cui la tradizione si forma, il modo in cui noi la formiamo e il modo in cui essa ci informa.
La dimensione materiale delle pratiche letterarie
Possiamo e dobbiamo ancora pensare al primato della forma nelle pratiche letterarie? I numerosi recenti lavori sulla dimensione materiale della letteratura (genetica, storia del libro, studi digitali e media specific analysis), ci invitano a un gesto interdisciplinare che possa ridefinire la nozione stessa di materiale e prevedere una sua valorizzazione a scapito di un attaccamento idealista alla forma.
Estetica, simulazione incarnata, singolarizzazione
L'estetica e gli apporti delle neuroscienze sulla simulazione incarnata, interrogando l’arte, intesa come esperienza, dal punto di vista della stessa esperienza, ci invitano a pensare alla nozione di forma in modo nuovo. Il tormento della forma non è più prerogativa della sfera artistica, ma attraversa e plasma le pratiche di singolarizzazione che si instaurano nella vita degli individui, aprendo la strada a un’antropologia estetica.
Il corpo in letteratura: altre forme, forme dell’altro
Dal ritratto del personaggio alla presenza dell’autore, il testo letterario non può fare a meno di incarnare la performance di una corporeità, ponendo la questione del rapporto tra corpo e linguaggio, tra corpo e creazione di forme. L’intera storia letteraria potrebbe del resto essere interpretata come storia della spettacolarizzazione del corpo esposto allo sguardo dell’altro e, quindi, come luogo per eccellenza dell’attenzione alla vita degli altri in quanto possibilità d’essere in altri corpi, in altre forme.
(Si rimanda alla fine del testo per alcune indicazioni bibliografiche)
Polythesis è una rivista digitale Open Access pubblicata sul sito dell’Università di Macerata (http://riviste.unimc.it/index.php/polythesis/). I contributi inviati saranno sottoposti a double-blind peer review secondo le modalità consultabili sul sito della rivista. I testi, della lunghezza massima di 50.000 caratteri (spazi inclusi) e redatti secondo le norme editoriali reperibili sul sito, dovranno essere inviati agli indirizzi redazione.polythesis@unimc.it e teodoro.patera@phil.uni-goettingen.de entro il 31 ottobre 2021.
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(English version)
In Vie des formes, the art historian Henri Focillon writes that “human consciousness always tends towards a language and even a style. To become conscious is to take form”. For Focillon, the mind is engaged in a constant operation of self-description; “it is a drawing that is made and unmade, and its activity is, in this sense, an artistic activity”. The psyche provides the materials that the mind, like an artist, constantly reworks to give them form.
Existence is a matter of forms: forms that are created, forms that assemble, collide, collapse, and arise. But what does it mean to give form to an object, to life, or to oneself? To what extent does Aristotelian hylomorphism, with its close connection – not free of hierarchy – between form and matter, still influence our way of conceiving artistic forms, forms of life, and forms of the self? In Making: Anthropology, Archaeology, Art and Architecture, the anthropologist Tim Ingold has attempted to deconstruct the primacy of form that is supposedly inherent in hylomorphism. It is no longer a matter of thinking of making as the result of a structuring principle applied to inert material, but of conceiving creation as a closer, collaborative, and non-hierarchical relationship between the creator and the materials.
The interdisciplinary perspective proves essential in attempting to challenge the assumption that meaning can only emerge from the form that is given to matter. With this thematic session of Polythesis, we would like to bring together, starting from literature and in dialogue with the other human sciences, multiple discourses on the possible reconfigurations of the relationship of form and matter. To this end, we indicate some lines of inquiry in this non-binding list.
The legacy of hylomorphism
Aristotelian hylomorphism and its numerous related debates posit the notions of form and matter from the perspective of their inseparability. At the same time, they establish a hierarchical order, calling for other conceptual dichotomies such as perfection and fall, immanence and transcendence, and real and spiritual. The ontological and methodological issues arising around hylomorphism call for a review. It will be fruitful to see how these issues intersect with questions of literary theory.
Incarnation and literature
The aim is to investigate how literature has explored the process by which a form is embodied in a body/object. Literature is a privileged place for reflection on the difficult compromise between reality and its shaping. Regarding the issue of love in particular, literature offers countless examples of a constantly renewed negotiation between love’s experience and its linguistic form. From courtly love to modern poetry, literature explores the possibilities of love’s embodiment. We find a trace of this in a paradigmatic formula by Baudelaire, a line that Eric Auerbach considered “superb and very surprising”: “His spiritual flesh all spirit has the fragrance of Angels” ("What will you say tonight, poor solitary soul?"). The parallelism of the two hemistiches maintains the oxymoronic association of the corporeal – the flesh and its perfume – and the spiritual represented by the angels, who are by nature bodiless. By shifting from the idea to its embodiment, the poem attempts to match the inexpressible essence of love with the body of the beloved.
The dialectic of the spiritual and its incarnation, of transcendence and immanence, notoriously runs through Grail literature, which by far enacts a poetics of incarnation. Grail literature may be analyzed both through close readings of singular texts and from a comparative and trans-historical perspective. From a more purely theoretical point of view, the notion of incarnation could constitute the axis around which a dialogue between phenomenology and literature (or between phenomenology and literary criticism) could be established.
Tradition as mise-en-forme
The humanities and the social sciences alike are called upon to reflect on the relationship between form and matter, as they all appear to be haunted by it. On the one hand, the issue is tracing the history of this relationship, and on the other asking to what extent the tradition itself, whether accepted or contested, can be traced back to the act of formalizing or putting knowledge into form. The way in which we shape knowledge cannot but influence its interpretation. The problem of the formal relations that unite and separate is at the heart of academic concerns in the humanities. It is therefore from the point of view of the constitution of knowledge that criticism must consider the way in which tradition is formed—the ways in which we form it, and the ways in which it informs us.
The material dimension of literary practices
Can and should we still think about the primacy of form in literary practice? Numerous recent works on the material dimension of literature (genetics, book history, digital studies, and media-specific analysis) invite us to investigate through an interdisciplinary prism the very notion of the material in literary studies, and thus to envisage its valorization at the expense of an idealistic attachment to form.
Aesthetics, embodied simulation, singularization
By questioning art understood as experience from the point of view of this very experience, aesthetics and neuroscientific studies on embodied simulation invite us to think about the notion of form in a new way. The torment of form is no longer the prerogative of the artistic domain, but runs through and shapes the practices of singularization that are established in the lives of individuals, paving the way for an aesthetic anthropology.
The body in literature: Other forms, forms of the other
From the portrait of the character to the presence of the author, the literary text cannot help but embody a performance, raising the question of the relationship between body and language, and thus body and the creation of forms. Literary texts could, after all, be read as the traces of an exposure of the body to the gaze of the other and, therefore, as the place par excellence of attention to the life of others as the possibility of being in other bodies and other forms.
(See below for bibliographical indications)
Polythesis is an on-line open-access journal published on the OJS platform of the University of Macerata (http://riviste.unimc.it/index.php/polythesis/). Submitted contributions will undergo a double-blind peer review in accordance with the procedures described on the journal website. The papers should be 50.000 characters long (including spaces) and should comply with the typographic guidelines available on the journal website. Proposals should be submitted as an email attachment to the address mailto:redazione.polythesis@unimc.itredazione.polythesis@unimc.it and teodoro.patera@phil.uni-goettingen.de no later than 31 October 2021.
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(Version en français)
Dans son ouvrage Vie des formes, l’historien de l’art Henri Focillon écrit que « la conscience humaine tend toujours à un langage et même à un style. Prendre conscience, c’est prendre forme ». Pour Focillon, l’esprit est engagé dans une opération constante de description de lui-même, « c’est un dessin qui se fait et se défait, et son activité, en ce sens, est une activité artistique ». La psyché fournit les matériaux que l’esprit, comme un artiste, retravaille sans cesse pour leur donner forme.
L’existence est bien affaire de formes : des formes qui se créent, qui s’assemblent, qui se heurtent, qui s’effondrent, qui surgissent. Mais que signifie le geste de donner forme à un objet, à la vie, à soi-même ? Dans quelle mesure l’hylémorphisme aristotélicien, avec son lien étroit – non exempt de hiérarchie – entre la forme et la matière, influence-t-il encore notre façon de concevoir les formes artistiques, les formes de vie, les formes du moi ? Dans son Making : Anthropology, Archaeology, Art and Architecture, l’anthropologue Tim Ingold a tenté de déconstruire la primauté de la forme qui serait inhérente à l'hylémorphisme. Il ne s’agirait plus de penser la fabrication comme le résultat d’un principe structurant appliqué à la matière inerte, mais de concevoir la création comme une relation plus étroite, collaborative et non hiérarchique entre le créateur et les matériaux.
La perspective interdisciplinaire s’avère essentielle pour tenter de remettre en question l’hypothèse selon laquelle le sens ne peut émerger que de la forme qui est donnée à un matériau. Avec cette session thématique de Polythesis, nous souhaitons faire interagir, à partir de la littérature et en dialogue avec les autres sciences humaines, des discours multiples sur les reconfigurations possibles du couple forme-matière. Nous indiquons à cette fin, dans une liste non exhaustive, quelques perspectives d’enquête.
L’héritage de la doctrine hylémorphique
La doctrine hylémorphique aristotélicienne et les nombreux débats qui agitent sa postérité pensent les notions de forme et matière du point de vue de leur inséparabilité. Ils y instituent parallèlement un ordre hiérarchique, appelant à la considération d’autres couples conceptuels tels ceux de la perfection et de son défaut, de l’immanence et de la transcendance, du réel et du spirituel. Les problèmes ontologiques et méthodologiques qui se présentent au travers de la théorie hylémorphique appellent leur actualisation. Il sera profitable de voir la façon dont ces problèmes croisent des questions de théorie littéraire.
Incarnation et littérature
Il s’agira d’étudier la manière dont la littérature a exploré la dynamique par laquelle une forme s’incarne dans un corps/objet. La littérature est un lieu d’interrogation privilégié pour réfléchir au difficile accord du réel et de sa mise en forme. Sur la question érotique en particulier, l’histoire littéraire offre d’innombrables exemples d’une négociation sans cesse renouvelée entre le sentiment amoureux, son expérience et sa mise en forme dans le langage. De l’érotique courtoise à la poésie moderne, la littérature explore, à travers l’amour, ses propres pouvoirs d’incarnation. On en trouve la trace dans une formule paradigmatique de Baudelaire, au sein d’un vers qu’Éric Auerbach jugeait à la fois « superbe et très étonnant » : « Sa chair spirituelle a le parfum des Anges » (« Que diras-tu ce soir, pauvre âme solitaire ? »). Le parallélisme structurant les deux hémistiches maintient l’association oxymorique du corporel – la chair et son parfum –, et du spirituel que représentent les anges, par nature dénués de corps. En produisant un glissement de l’idée à son incarnation, le poème s’attache à accorder le sentiment amoureux, essence inexprimable, à la chair de l’aimée.
La dialectique du spirituel et de son incarnation dans la matière, de la transcendance et de l’immanence, traverse notoirement la littérature du Graal, véritable atelier d’une poétique de l’incarnation, qui peut être analysée aussi bien à travers des micro-lectures de textes isolés que dans une perspective comparative et transhistorique. D’un point de vue plus strictement théorique, la notion d'incarnation pourrait être l’axe autour duquel se tisserait un dialogue entre la phénoménologie et la littérature (ou entre la phénoménologie et la critique littéraire).
Tradition come mise-en-forme
Le champ des sciences humaines dans son entier doit permettre de cerner les enjeux du couple conceptuel forme-matière, du fait même qu’il en soit hanté. Il s’agit d’en retracer l’histoire et la postérité d’une part. Il s’agit d’autre part de se demander dans quelle mesure la tradition elle-même, admise ou contestée, peut-être reconduite à la question de la mise en forme des savoirs, à la pensée de leur structuration, qui ne peut qu’influencer leur interprétation. Le problème des rapports formels qui unissent et séparent est en effet au cœur des préoccupations académiques des sciences humaines. C’est donc bien du point de vue de la constitution de la connaissance que la critique se doit de prendre en compte la manière dont la tradition est mise en forme, dont nous la mettons en forme, et dont elle nous informe.
La dimension matérielle des pratiques littéraires
Peut-on et doit-on encore penser le primat de la forme dans les pratiques littéraires ? Les nombreux travaux actuels sur la dimension matérielle de la littérature (génétique, histoire du livre, études numériques et media specific analysis), invitent à dépasser, à travers un prisme interdisciplinaire, le seul domaine littéraire afin de s’interroger sur la notion même de matériel, et ainsi envisager une valorisation de celui-ci au détriment d’un attachement idéaliste à la forme.
Esthétique, simulation incarnée, singularisation
L’esthétique, en faisant lien avec les travaux menés en neurosciences sur la simulation incarnée et en interrogeant l’art, compris comme expérience, du point de vue de cette même expérience, invite à penser la notion de forme à nouveaux frais. Le tourment de la forme n’est plus l’apanage de la sphère artistique, mais il traverse et façonne les pratiques de singularisations qui se mettent en place dans les vies des individus, en ouvrant ainsi le chemin à une anthropologie esthétique.
Le corps dans la littérature : autres formes, formes de l’altérité
Du portrait du personnage à la présence de l’auteur, le texte littéraire ne peut qu’incarner la performance d’une corporéité, posant ainsi la question du rapport entre corps et langage, entre corps et création de formes. Toute l’histoire littéraire pourrait être interprétée comme l’histoire de la spectacularisation du corps exposé au regard de l’autre et, par conséquent, comme le lieu par excellence de l’attention à la vie d’autrui entendue comme possibilité d’être dans d’autres corps et sous d’autres formes.
(Voir plus bas pour des indications bibliographiques)
Polythesis est une revue digitale Open Access publiée annuellement sur le site de l’Université de Macerata (http://riviste.unimc.it/index.php/polythesis/). Les propositions seront soumises à relectures à double insu selon les modalités consultables sur le site. Les textes (longueur maximum : 50.000 caractères, espaces compris), rédigés selon les normes de publication disponibles sur le site, devront être envoyés avant le 1er novembre 2021 aux adresses électroniques suivantes : redazione.polythesis@unimc.it et teodoro.patera@phil.uni-goettingen.de.
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