Actualité
Appels à contributions
ELEPHANT & CASTEL (n°17),

ELEPHANT & CASTEL (n°17), "il falso" / "le faux"

Publié le par Université de Lausanne (Source : Riccardo Antoniani)

ELEPHANT & CASTEL (n°17), "il falso" / "le faux"

Appel à contribution

«La foto che circola su Internet riprende il caporale Ted Boudreaux, un riservista dei marines originario della Louisiana, assieme a un bambino irakeno: sono davanti a un capanno, presumibilmente in una zona desertica, sorridono entrambi e sollevano il pollice in alto in segno di esultanza. Peccato che di questa foto circolino due versioni: una (inviata anonimamente a una organizzazione americana per i diritti degli islamici, contraria alla guerra) fa vedere che il bambino ha in mano un cartello in cui si può leggere: “Il caporale Boudreaux ha ucciso mio padre e ha messo incinta mia sorella”; la seconda, messa in rete da un sito ideologicamente ostile ai pacifisti, vede nello stesso cartello la seguente scritta, ben diversa: “Il caporale Boudreaux ha salvato mio padre e ha soccorso mia sorella”. Infuria la polemica: il caporale Boudreaux si dichiara innocente, i marines stessi indagano e si sono rivolti al Naval Criminal Investigative Services, esperti di scientifica digitale. Quando dunque una foto, e in particolare poi una foto digitale, è vera? E quanto vale il luogo comune secondo cui un’immagine descrive sempre la realtà per quello che essa è davvero?» (Mangano 2001).

L’uomo di oggi, che naviga su una zattera nel seducente e insidioso mare digitale, approda su una scogliera, niente affatto sconosciuta nel passato, ma che adesso appare sotto una nuova luce, che ne evidenzia la mole mastodontica, colossale. Non ha inciso, sul faraglione, il fenomeno dell’erosione; al contrario, nell’era della tecnologia pervasiva, si è innescato un fenomeno di espansione della materia, un’inflazione tale da non mostrare i confini stessi dello scoglio: i limiti del falso
Con falsificazione intendiamo comunemente un atto di contraffazione di un oggetto intentato perlopiù a scopo di frode. Il caso del caporale americano induce a una riflessione sulla contaminazione tra elementi inattendibili e autentici nell’informazione quotidiana, orientando il pensiero verso il tentativo, sovente vano, di districare gli intrecci etici, economici e politici che sorreggono la comunicazione mediatica nell’orizzonte globalizzato. Ma la falsificazione tocca ambiti disparati, insinuandosi nelle aule di tribunale, nell’abbacinante mercato del lusso, nel vasto universo dell’arte. Si è arrivati anche a falsificare per smascherare i meccanismi stessi della falsificazione, così come è accaduto in America, dove un gruppo di sette giovani studenti della University of Michigan ha inventato la figura del pittore quattrocentesco Jacopo di Poggibonsi, inserendo sul sito istituzionale dell’Ateneo un profilo biografico-artistico corredato da una galleria fotografica di opere del sedicente artista. Gli ideatori dell’inganno hanno poi dichiarato l’intento: dare risalto a problematiche attinenti non solo allo studio dell'arte (imitazioni, copie, falsi e contraffazioni) ma anche ai nuovi interrogativi sollevati dallo sviluppo delle tecnologie digitali. 
Riflettere sul presente è fondamentale, uno sforzo a cui non dobbiamo e, in ultima istanza, non possiamo sfuggire in quanto navigatori di ultima generazione immersi nel World Wide Web. Parimenti però potrebbe essere utile, curioso, sorprendente intraprendere anche un viaggio nel passato, spaziando dalla cultura occidentale a quella orientale, per scrutare con quali movenze il falso abbia camminato fianco a fianco dell’essere umano, dall’alba dei tempi.  
La storia dei falsi affonda radici nelle culture più antiche, dall’egiziana all’ebraica, dalla greca all’ellenistica, senza tralasciare le affascinanti testimonianze rintracciabili nella tradizione indiana e in quella cinese (Tietze 1933; Spagnol 1993; Grafton 1996); la contraffazione artistica presso i Romani trovò ampia diffusione, come attestano Plinio il Vecchio e Fedro, i quali denunciarono artigiani del loro tempo che alteravano sculture in marmo e manufatti d’argento apponendovi firme apocrife con i nomi di Prassitele e Mirone (Phaed. fab. 5, 1; Plin. nat. 33, 122); Il Medioevo abbandonò gli ideali estetici del mondo antico e con essi l’attenzione all’arte classica, ma la prassi falsificatoria non scomparve, cambiò solamente veste. Essa assunse invero un doppio abito: da un lato, quello dei cosiddetti ‘falsi storici’ e ‘falsi diplomatici’, i primi, documenti formalmente impeccabili che tuttavia contenevano dati inventati, i secondi, presunti certificati di atti giuridici reali la cui documentazione originale non era più reperibile; dall’altro lato, esplose, complice il Cristianesimo nella sua declinazione più popolare, il culto delle reliquie, per cui i santuari, rispondendo più a un bisogno di prestigio che di sacra protezione, procacciarono il proprio venerabile reperto (Preto 2006; Lecuppre 2007). Nel Rinascimento il trionfo della nuova moda erudita del collezionismo riportò in auge la copia di statue classiche, epigrafi, gemme, monete, motivata non tanto dalla perpetrazione di intenti fraudolenti ma più «da seduzioni intellettuali» che miravano «soprattutto a ricreare un passato più rispondente ai gusti dei lettori e degli studiosi contemporanei di quanto lo fosse la realtà del mondo antico svelata dall’indagine scientifica» (Grafton 1996). Anche il Seicento, il Settecento e l’Ottocento hanno avuto le loro rispettive predilezioni in tema di falsificazione, passando da una stagione di riproduzioni inautentiche di pitture e incisioni dell’arte italiana e fiamminga alla contraffazione dei celebri graffiti pompeiani nel periodo neoclassico fino all’eclettico collezionismo del Diciannovesimo secolo, nutrito di egittomania ed esotismo (Straccioli-Nespoli 2007; Andreose-Peron 2008; Solin 2014). 
L’obiettivo di un’indagine incentrata sul falso non è evidentemente quello di fornire una teorizzazione generale sulla falsificazione: tale impresa, oltreché ardua per l’immensa quantità dei dati che si dovrebbero raccogliere e per la loro eterogeneità, risulterebbe impossibile sul piano ermeneutico a causa della natura polimorfa e cangiante dell’argomento. Lo scopo ragionevolmente conseguibile è quello di studiare da vicino singoli casi, “storie in miniatura” (Ginzburg 2006) di contraffattori che, sotto spoglie più o meno mentite, hanno operato nelle diverse epoche, non ultima la nostra, fluida e mutevole, per cogliere le motivazioni a fondamento delle loro imprese, i metodi con cui le hanno perseguite, i risultati ottenuti e la fortuna.  
L’argomento, tanto fecondo quanto ancora per molti aspetti insondato, potrebbe avere un duplice pregio: in primo luogo, il falso si presta a una proficua intersezione tra la dimensione scritta dei contributi e l’apparato delle immagini, che da sempre costituisce un valore indiscusso di Elephant&Castle; in secondo luogo, esso si apre a un’indagine fondata su un approccio multidisciplinare, capace di stimolare e coinvolgere studiosi di materie molto diverse, dall’arte alla letteratura, dalla filologia alla diplomatica, dal giornalismo alle nuove scienze che si occupano di multimedialità e digitalizzazione.  
Le proposte di contributo, che comprenderanno un titolo, un abstract (massimo 1000 battute), le referenze bibliografiche, una breve notizia sull’autore e un suo indirizzo e-mail, dovranno essere inviate dagli interessati entro il 20 dicembre 2016 all’indirizzo e-mail: caccia.eleonora@gmail.com. Gli autori selezionati saranno contattati via e-mail dalla curatrice. La consegna definitiva dei contributi selezionati è prevista per il 15 marzo 2017.

BIBLIOGRAFIA ORIENTATIVA:

ANDREOSE A. – PERON G. (2008) (a cura di), Il contrafactum. Copia, imitazione, falso, Atti del XXXII Convegno Interuniversitario Bressanone/Brixen 8-11 luglio 2004, Esedra, Padova.
GINZBURG G. (2006), Il filo e le tracce. Vero falso finto, Feltrinelli, Milano.
GRAFTON A. (1996), Falsari e critici: creatività e finzione nella tradizione letteraria occidentale, Einaudi, Torino. 
MANGANO A. (2001), “L’orrore, l’immaginario e l’Occidente. L’immagine, l’errore, la sua lettura possibile”, in Storia & Storici, 1, rivista online consultabile all’indirizzo web: http://www.storiaestorici.it/
LECUPPRE G. (2007), L'impostura politica nel Medioevo, Dedalo, Bari.
PRETO P. (2006), “Una lunga storia di falsi e falsari”, in Mediterranea. Ricerche storiche, 3, pp. 11-38.
SOLIN H. (2014), “Falsi epigrafici II”, in L’iscrizione e il suo doppio, Atti del Convegno Borghesi 2013, a cura di Angela Donati, Fratelli Lega, Faenza, pp. 227-243.
SPAGNOL M. (2003), Sembrare e non essere. I falsi nell'arte e nella civiltà, Longanesi, Milano.
STRACCIOLI P. – NESPOLI S. (2007) (a cura di), I falsi nell’arte, Pubblicazioni del Museo della Scienza e dell’Informazione Scientifica di Roma, Roma.
TIETZE H. (1993), “Zur Psychologie und Ästhetik der Kunstfälschung”, in Zeitschrift für Ästhetik und allgemeine Kunstwissenschaf, 27, pp. 209-240.